Gli incanti del paesaggio

GLI  INCANTI DEL PAESAGGIO

Luoghi come la Valmarecchia e la Valconca hanno il dono di accendere visioni segrete. Un potenziale mai sopito, denso di umori e di forze segrete capaci di non dar tregua allo sguardo. E’ la loro identità dai caratteri compositi a emergere. Qui, in queste terre, l’ intreccio di valori culturali e ambientali, fatti di vibrazioni di vita passata, ha plasmato paesaggi e architetture, ha seminato tracce e cementato insieme storia e natura. Giorgio Bellini, osservatore e pittore della visione, negli anni, ha saputo cogliere dalla sua speciale ‘specola’ nella valle del Marecchia, «dove vive, molti di questi segni identitari e di affezione propri di questi luoghi: la serpentina argentea dei fiumi a fondovalle, l’ondulazione delle colline, le creste improvvise, punteggiate da paesi assorti e  da rocche dall’antica possanza, guardiani antichi di queste terre di confine.

Nella pittura «di Giorgio Bellini non è l’identificazione dei luoghi ma la loro diversa indeterminatezza che li fa diventare nuovi allo sguardo. Una tavolozza votata al chiarismo più avvolgente è entrata ormai da diversi anni nella sua prassi pittorica, col bianco che tutto domina e che ricopre con un silenzio tonale di sottile intensità ogni cosa rappresentata. Brani di paesi, sentieri sospesi, grovigli di vegetazione o di tetti che sfumano in trasalimenti improvvisi e che sciolgono il dato naturalistico in essenza, in profumo di terra o di mare lontano. Ostinatamente distante da ogni forma di contaminazione con ‘visioni’ contemporanee, Giorgio Bellini, artista cresciuto tra i poderi di Vergiano sotto l’ammaestramento del più sensibile tra i pittori di paesaggio romagnoli, Luigi Pasquini, già debitore delle rarefatte atmosfere campestri di Edoardo Pazzini, in questa sua ultima stagione pittorica ha ritrovato quella religione della terra che da sempre è stata fulcro del suo realismo devoto e gentile; ne ha tramuto l’ essenza restituendola con aurorale meraviglia, forse raggiungendo un gradino più profondo di verità, con slancio di passione che diviene nostalgia e ricordo. Quella stessa nostalgia che appartiene ad una tradizione pittorica che trova nelle liquide impressioni di Pasquini, il maestro mai dimenticato, nelle dense vedute di Emo Curugnani. nello stupefatto aderire all’anima delle cose dei pastelli di Emilio Filippini, negli appunti di paesaggio di Guido Ricciotti, una solidale aderenza alla vita. Che per Giorgio Bellini si tramuta in canto soffuso, in un occultamento del  dato reale fatto di luce segreta. E ciò può accadere quando la poesia si fa spontanea e intuitiva. Quando si fa scoperta e mette in comunicazione il mistero celato nei luoghi e nelle cose in un mistico contatto con la loro anima. E il paesaggio si smarrisce in caligini dove il bianco tutto assorbe e sfuma. La sua pittura ottunde i colori come si ottundono i suoni. Tutto si perde e tutto si ritrova, ma più in profondità. Come se il velo più coprente svelasse le verità più nascoste.

Annamaria Bernucci