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L’opera pittorica del Maestro

Giorgio Bellini

dal 1960 al 2013

 

L’arte nasce con l’uomo, armonia e voce dell’anima, nel cogliere l’opera di Dio. Se tale
sempre sarà
un meraviglioso messaggio d’amore, luce di libertà,
fede,
pace di uomini, civiltà di popoli.

G.Bellini
HANNO SCRITTO DELLA SUA OPERA

Velati paesaggi d’estasi

“Il rapimento estatico è sentimento oceanico d’estensione senza limiti e di unità con l’universo” (Roman Rolland)
(…) Giorgio Bellini dipinge la “sua” Valmarecchia e la “sua” Valconca, che, dalla realtà morfologica, incisa nel cuore dell’artista, si ergono all’apice della rivelazione, ossia all’apogeo di un mondo memorante una trascorsa età aurea. Le immagini, tradotte in pittura, assumono, quindi, connotati di sogno, permeati di un sentire levitante d’emozione e d’intima suggestione. La velata figurazione s’intride di colori chiari, di toni luminosi, di segni leggeri, in ottemperanza ad un “chiarismo” che non abbisogna di netti transiti chiaroscurali o di sottese idealità astratte.
Dalle opere si colgono, piuttosto, accenti d’ispirazione impressionista, sottilmente poetici e trasmutanti in lirica malinconia. Si evince, inoltre, un’unione armonica di forma e ordine strutturale, suggellata da pathos creativo e da ethos costruttivo. Paesaggi naturali, con valli, picchi, borghi, dischiusi alle “mani” del divenire geologico e dello scorrere storico, appaiono come manifestazioni in bilico fra l’apparire e lo scomparire, come annunci percettibili di presenze sussurrate dal lieve tocco dell’arte.  Il tempo sembra sospeso sulle ali della rimembranza, lo spazio si porge con luminescenze in consecutiva espansione, l’azione diventa rovello concreto del sogno. Allora la materia pittorica abbandona consistenza per levità spirituale, e le possibili tenebre della vita si stemprano nella luce del rapimento estatico. Giorgio Bellini infonde fremiti di sacralità in ogni transito cromatico, innalzando una melodia soffusa ad un microcosmo che, intanto, si espande in macrodimensioni meditative.
Sorretto da sapiente tecnica operativa, perfezionata in annoso impegno creativo, l’artista fonda radici nella somma tradizione contemporanea riminese, a cui ha affidato, in passato, l’empito costante del desiderio espressivo. Eppure, nel tempo, il suo linguaggio pittorico si è andato affermando in una continua ricerca segnica e cromatica, che ha avvalorato ed avvalora una personalità vibrante di sintesi compositiva e di estrema essenzialità tonale. Sgorga, pertanto, una poesia del cuore, che costruisce, con immutato sentimento, un diario intimistico, ove ogni parola è sostituita da un’orma di luce.
La pittura di Giorgio Bellini è confessione e testamento, è lode ed inno accordati ad un creato che suggerisce l’aura luminosa dell’Alto. Ma essa è anche ricordo, memoria, attestazione volontaria di una realtà che esiste e permane soltanto, o soprattutto, nel volo del sogno, poiché i tempi a noi contemporanei non riservano spesso il dono del rispetto a uomini e “cose”, e, quindi, a natura e architettura. Ecco, dunque, come i dipinti di Giorgio Bellini vadano letti ed ascoltati nel segno ammonitore di una riflessione costruttiva d’esistenza. E vadano inoltre osservati nell’approdo luminescente e veritiero del benevolo anelito.
Enzo Dall’Ara
RE-VELATA

Si rimane avviluppati nella pittura di Bellini, in un silenzio immoto dove al più giunge ovattato e sordo qualche segno di presenza, da lontano, come quando si attraversa una nube densa e bassa. L’osservatore è dentro il quadro, nella bruma che dissolve e svapora  i confini delle cose, diffuso egli stesso, in contemplazione trasognata.
Velo su velo, l’impasto oleoso della mestica, opacizza il lucore naturale del reale per svelarne la natura fantasmatica, illusoria, onirica, immaginifica.
La sostanza ectoplasmatica dei soggetti, non umani, emerge da una coltre nostalgica che lascia apparire le forme pure di architetture semplici e antiche, borghi, castelli, forme paesaggistiche senza tempo, epurate dai segni delle sorti progressive. È una ricerca dell’essenziale, di una bellezza dello spazio e del tempo, vasta e silenziosa, che necessita di movimenti impercettibili dei sensi per rapire, catturare mente e cuore.
Nessun bagliore né clamore. Una spessa protezione. Tutto è attenuato, opacato, pacificato. Così si insinua l‘emozione, senza violenza né passione, con dolcezza mesta, delicata, pudica, una tenerezza oserei dire… per una realtà che
è per svanire ma che la mente, viva, pulsante e il cuore trattengono e presentificano con dedizione e amore, dimenticando contrasti, livellando luci ed ombre, lasciando indietro, della vita, esaltazioni e abissi. Dell’umano rimangono il respiro, il battito sotteso che ritma il paesaggio  e la carezza dello sguardo che vela e rivela.
Cristina Barducci
La poesia assoluta della luce
Il nostro incontro con la pittura di Giorgio Bellini data ormai diversi anni, ma ad ogni nuova occasione si rinnova lo stupore di scoprire un’ispirazione così “solida” determinata, evocata alla dolcezza del colore.
È questo infatti il tratto dominante del maestro di Vergiano, le cui opere sono ormai sparse per il mondo in prestigiose collezioni.
Attento osservatore dei riflessi luminosi suscitati sugli oggetti dalla luce e, soprattutto, grande colorista, volge la sua abilità e le sue ricerche tecniche – effetti di luce, inimitabili bianchi luminosissimi, tocchi ripresi e sovrapposti in gamme diverse – ad evocare nei paesaggi come nei ritratti, la poesia della realtà fotografata dalla mente, prima che dall’occhio.
Con sapienti equilibri di composizione, raffinate modulazioni di pochi toni bassi e spenti con improvvise accensioni di bianchi, Bellini propone gli scorci della sua terra – la Valconca e la Valmarecchia, anzitutto – con la morbidezza di una pennellata misurata e dolce.
(…) Bellini cambia soggetti, ma il suo segno, la sua cifra è là, sempre presente: può piacere o meno, e ciò appartiene al gusto soggettivo, ma nessuno può disconoscere questo rigore e questa coerenza nei confronti della visione poetica del colore che affronta la tela come petali di fiore che cadono leggeri sull’erba.
La sua pittura è anzitutto “pratica”, è la tecnica che meglio permette alla sua mente di esprimersi, e non solo, perché essa è anche ricordo, memoria, desiderio, aspirazione, forse della conservazione dei luoghi. È certamente pittura di un vissuto emozionale che ciascuno di noi può condividere, fino ad immedesimarsene.
Gerardo Filiberto Dasi, 2012

Gli incanti del paesaggio


Nella pittura di Giorgio Bellini non è l’identificazione dei luoghi ma la loro diversa indeterminatezza che li fa diventare nuovi allo sguardo. Una tavolozza votata al chiarismo più avvolgente è entrata ormai da diversi anni nella sua prassi pittorica, col bianco che tutto domina e che ricopre con un silenzio tonale di sottile intensità ogni cosa rappresentata. In questa sua ultima stagione pittorica ha ritrovato quella religione della terra che da sempre è stata fulcro del suo realismo devoto e gentile; ne ha tramutato l’essenza restituendola con aurorale meraviglia, forse raggiungendo un gradino più profondo di verità, con slancio di passione che diviene nostalgia e ricordo. Che per Giorgio Bellini si tramuta in canto soffuso, in un occultamento del dato reale fatto di luce segreta. E ciò può accadere quando la poesia si fa spontanea e intuitiva. Quando si fa scoperta e mette in comunicazione  il mistero celato nei luoghi e nelle cose in un mistico contatto con la loro anima. E il paesaggio  si smarrisce in caligini dove il bianco tutto assorbe e sfuma. La sua pittura ottunde i colori come si ottundono i suoni. Tutto  si perde e tutto si ritrova, ma più in profondità. Come se il velo più coprente svelasse le verità più nascoste.
Annamaria Bernucci, 2012

Nel segno del colore


(…) Una poetica, dunque, da intendersi in quanto portato di una ferma e meditata affabulazione, esemplata sulle scale armoniche d’un colore vieppiù sfumato ed evocativo. (…) proprio ad esaltare, con l’effondersi della luce sulle cose (…) una “visione” a lungo cullata nello sguardo e nella mente, il fatidico hic et nunc d’innumeri, allusive ed eloquenti concomitanze di materia e forma, sillaba e segno, varianti ed invarianti, magia e rèverie (financo, oserei dire, orme di fantasmi, stille di galaverna, petali d’arcobaleno, ceneri di comete, d’albe o di tramonti…)
(…) una sorta di “pianeta incantato”, sospeso fra specole di storia e umanissime crisalidi domestiche (…), nei cui speculari recessi e scrimoli, estreme e struggenti icòne della Maestà della Natura, prestamente s’intrecciano e s’innervano (…) le assidue e solerti riflessioni, in punta di pennello (…) sulla similitudine oraziana dell’ut pictura poesis (…)
Corrado Marsan, 2011
Ricerca interiore…

(…) Dentro Rimini ci stanno anche le atmosfere rarefatte e piene di sensibilità di Giorgio Bellini. Sono, quelle del pittore riminese, atmosfere e paesaggi pieni di apparente solitudine e che invitano alla meditazione. Alla ricerca interiore.
In questo senso credo si sbaglierebbe a catalogare la poetica di Bellini come un semplice “Amarcord”, come la ricerca di qualche cosa che non c’è più. O peggio, non ci appartiene più.
Ci appartiene eccome. Perché la ricerca interiore è valore universale e non intimismo di maniera. In questo Giorgio Bellini ci fa’andare alla definizione di quella Rimini come “città del silenzio” nella quale Gabriele D’Annunzio non cercava “i segni delle imprese”, ma “le tombe cui semplici ti sculse”.
Stefano Pivato, 2009

L’ultimo canto del paesaggio


(…) Non riconoscendosi più in un determinato luogo della Romagna, Bellini dipinge un paesaggio ormai del tutto interiore e spirituale, disancorato dai lacci più stretti della realtà: la nebbia che i maestri della sua terra hanno pensato come metafora inquietante della morte e dell’ignoto; come similitudine della nostalgia addolorata per un tempo ormai irraggiungibile, è sentita invece da Giorgio come l’evaporare dello sguardo verso la luce ed è affrontata con fiducia e gioia.
Nell’abbandono più deciso del visibile egli si riconduce ai fondamenti di quella fede francescana da cui prese le mosse un tempo: l’alleggerimento intensivo dell’olio è divenuto non tanto il segno di un distacco dall’oggettività che egli considera il fulcro del suo realismo devoto, bensì il canto che tutto pervade. Non è la negazione della terra e delle cose in favore del cielo, ma è l’assunzione del reale nell’ideale, del terrestre nel celeste. L’occultamento della natura
è anche desiderio di protezione dei luoghi amati, non solo dalla barbarie architettonica e paesaggistica del nostro tempo, anche dalla distrazione di troppi: il velo riconduce sulle vedute interesse e attenzione, stende sulle cose un viluppo di luce e poesia, segnala con un’aura potentemente sentita e ascoltata la segreta sacralità della terra.
Alessandro Giovanardi, 2009

Un inno alla bellezza


(…) Giorgio Bellini ha affinato la tecnica delle “caligini”, raggiungendo splendidi livelli di espressività artistica, caratterizzata da una atmosfera dolce e delicata con forti contenuti meditativi….
(…) sognanti, quando tratta i paesaggi  della sua Romagna, ove gli oggetti prendono forme vaghe e indefinite. Si ha la sensazione che una nebbia, o “vapor leggero” circondi e pervada, fino a renderli privi di materialità e quasi animati da un ceruleo slancio verso il cielo, un inno alla bellezza ed all’arcano fascino del creato.
Salvatore Arca, 2007

Come ali di farfalla


Cromatismi vibranti come ali di farfalla, leggiadri, lievi, sono queste le sensazioni che regalano le tele di Giorgio Bellini, il pittore delle trasparenze madreperlate.  (…) La storia artistica di Giorgio è lontana e ampia perché si esplicita non solo attraverso la pittura, ma anche la scultura e la poesia, tale da far dire ad Amedeo Montemaggi che lui è “un pittore-poeta dal dolce morbido tratto”, (…) Bianca Arcangeli, sorella dei ben noti studiosi d’arte, anche lei artista, definisce “immersione nel poetico” e Vittorio Sgarbi “contemplazione  alla maniera di Cezanne” (…)
Dietro i paesaggi di Bellini c’è un mondo reale trasfigurato, attraverso la sua personalissima cifra stilistica è trasposto con uno sguardo gonfio d’amore per ciò che vede, ma si rintraccia anche un mondo artistico altrettanto amorevolmente accarezzato. Ci sono, come sostiene lo storico dell’arte Antonio Paolucci, il verucchiese  Edoardo Pazzini e il riminese Luigi Pasquini, gli esponenti in Romagna di quell’ultimo riverbero crepuscolare e intimista “d’après nature”
che veniva dalla lezione dei macchiaioli. Ma la scelta di velare, di colorate caligini  i paesi amati è tutta sua. Queste parole di Paolucci, sono perfettamente calzanti all’opera belliniana. L’opera di questo artista è fatta di rapimenti, affetti, in immagini che si liquefano. Ciò fino a penetrare dentro di noi solo apparentemente cromatico, perché profondamente visionario. Sono le versioni del nostro immaginario, della profondità di un paesaggio che ci appartiene fin dall’infanzia del mondo. E ci piace perderci nell’intimità di leggerezza che ci fa sentire finalmente soltanto anime.
Rita Giannini, 2007

Le colline immobili


(…) Per capire il nostro artista occorre vivere quei luoghi, consumarne lo spazio, ma soprattutto l’estasi della loro integerrima naturalità, di architetture che il tempo ha conservato intatte.
Bellini ha fissato sulla tela paesaggi permeati di una luce morandiana e segnati da una coerenza stilistica irripetibile. Bellini è vicino ai paesaggi che dipinge, li ha assimilati. Sono i protagonisti dei suoi quadri. E colpisce l’atmosfera in cui sono avvolti, di una dolorosa caducità del tempo, pur nella loro immobilità quasi alienata dalla vita del mondo. Ritengo che questo sogno, che induce l’artista a documentarci luoghi di una bellezza altrimenti indescrivibile con il solo linguaggio, possa continuare a stupirci ancora per lungo tempo. A Bellini diciamo allora grazie per averci donato una pausa di estasi e di bellezza, augurandoci che voglia regalarci ancora nuove prove del suo talento, della sua lettura poetica del mondo.
Gerardo Filiberto Dasi, 2006

Giorgio Bellini pittore


(…) La natura può essere considerata la sostanza di Dio, deus sive natura, come hanno sostenuto Spinoza e molti artisti attraverso le loro opere, anche quando non coscientemente spinoziani. Ma non so se Bellini la pensi proprio come il filosofo olandese.  Non c’è bisogno di crederlo; da pittore, Bellini guarda alla natura della Romagna collinare in un modo non lontano da come Cèzanne, inevitabile faro di riferimento del paesaggismo moderno, guardava quella nei dintorni di Aix-en-Provence. (…)
(…) Bellini salvaguarda  l’unità della visione, privilegiando  i diritti della sensazione.
Un’unità a cui contribuisce in maniera decisiva anche un secondo ordo, stavolta esteriore, che tutto avvolge e mette sullo stesso livello come una grande, impalpabile coperta, come un liquido amniotico appena tangibile, privo di viscosità. È la “caligine del mondo”, alla lettera e non in metafora, riscattata di qualsiasi valenza negativa voluta da Dante. E’ la caligine “in cui Dio risiede”, dove l’annebbiamento provvidenziale non è tanto quello della ragione, come diceva Pico, ma quello dei sensi che non riescono a penetrarla. E non ci provano nemmeno, arrendendosi al fascino di uno svaporamento che trasforma qualunque paesaggio in uno stato di misteriosa sospensione dal tempo, rendendo liquido il solido, incerto il certo, effimero  il permanente.
Così la caligine, ugualmente naturale e metafisica, diventa lo specchio in cui Giorgio Bellini riflette la propria anima, aspirando a farla rientrare in quella del mondo.
Vittorio Sgarbi, 2006

Bellini un pittore fuori dal coro


(…) I dipinti del Bellini aprono davanti agli occhi scenari apparentemente surreali, quasi evanescenti, dove il confine tra mare e cielo è impercettibile e l’orizzonte risulta indefinito per l’armonia e l’osmosi dei colori che lasciano intravedere la grandiosità dell’opera di Dio, poi, ritoccata dall’uomo.
Per immergersi e capire la campagna Romagnola è necessario seguire l’indicazione dell’artista, trovare un senso di rispetto e di ascolto, una sincerità di fondo che la natura stessa della valle suggerisce.
Ecco, allora, il silenzio  delle stradine di campagna, orlate da muretti e recinti erbosi che realizzano un tripudio di colori, con tonalità sfumate ma vive di luce naturale, che attenuano le caligini per rendere visibile l’esistente. E qui
che la “scoperta” di Giorgio Bellini avviene e si realizza. È qui, che, grazie alla luce dei raggi del sole, si rivelano i toni differenti della vegetazione e del mare, ne modella le forme delle insenature e delle spiagge, rendendo il paesaggio della Romagna meridionale unico nel suo genere.
Gianni Conti, 2005

Caligini


(…) Corpolò, il luogo dove Bellini abita e lavora, un mucchio di case fra la campagna e la città, è l’ultima Thule, avamposto del continente amoroso che il pittore conosce ed ama. Questo mondo – la piccola patria delle memorie e degli affetti – Giorgio Bellini lo stringe in suo sguardo di liquida colorata nostalgia. Quasi volesse dirci che quello che vediamo è solo suo, che nessun altro ha diritto di frugarlo e di devastarlo con occhi irriguardosi, che niente altro interessa oltre la linea delle colline conosciute. Come un sogno, come un ricordo lontano, come un piccolo fuoco sommesso che scalda il cuore e dolcemente conduce il pensiero  verso i sereni reami della memoria. È una pittura dell’anima quella di Giorgio Bellini, spirituale e raffinata. Va ascoltata in silenzio. Ci si accorgerà allora che, come la conchiglia porta all’orecchio il rumore del mare, così le sue colorate caligini ci fanno intendere  il sommesso brusio della Romagna “dolce paese”.
Antonio Paolucci, 2005

Le magiche caligini


(…) Se, in altre parole, la veduta di Pasquini, salvi alcuni tocchi di un romanzo figurativo domestico per niente inferiore, tutto da riscattare (e che attende le sue occasioni), scende infine a un grado un po’ troppo cantabile dell’immagine, ecco che la stessa Romagna raccontata appena dagli occhi di Bellini, assume un altro grado privilegiando e sottolineando  il segreto, come in queste caligini,  il pittore studia-inventa  il carattere  magico delle caligini che concludono, fra l’altro, anche una sua aspirazione, sempre vissuta, a fare della pittura un “vapor leggero”. Il paesaggio pienamente narrato, specie se contenuto nella misura di tele brevi, quantunque d’improvviso fruttuosamente si sgrana in una rasciutta allusione di non presenza.
(…) La bella giornata prorompe sempre nei dipinti di Bellini, è il suo tema. L’azzurro effonde e conclude ovunque. Ma ecco che ora la scena della Romagna solatìa è attraversata da un dominio d’indefinito e d’indeterminato che la riavvicina al suo sentire segreto. Uno sboccio di pittoriche caligini che l’artista delinea nel nucleo di un omogeneo racconto. Un’ispirazione schietta a quanto il Pascoli viene ancora suggerendo nelle immagini dell’arte. Una tastiera sensibile in cui viene precisando sempre più il proprio accordo di sentimento tacito che filtra in ore preziose e molli, nella presenza dell’aria, in un’apertura ad atmosfere che la pittura di questa terra romagnola non aveva ancora tentato.
Una Romagna, dunque, che mantiene il segreto  (…) e sigilla in sé gli echi conterranei, le impressioni dell’antico “rus”
che risalgono nei giorni afosi, tutti i frangenti  e sentimenti della vita passata riimmersi nell’aria.
Un sogno cancellato nel nulla. Una nuova strada, ed è fortuna che coincida con la maturità dell’artista.
Luca Cesari, 2004

Come di un soffio


Penso non si possa parlare di un pittore se non dopo averne bene approfondito, la visione delle sue opere. Ma non posso fare a meno di esprimere una mia impressione dopo aver visto la serie di dipinti intitolata “Caligini” che mi ha colpita in profondità. È un modo di guardare la natura che viene tramandata come in un soffio, alleggerendola del fatto visivo per immergersi in quello poetico. Se ne ha l’impressione come di un soffio.
Bianca Arcangeli, 2004

Giorgio Bellini, pittore, scultore e poeta.

(…) Scorrere le opere di Giorgio Bellini più che un excursus cronologico, è la verifica della genuinità di una ispirazione che intende l’Arte come mezzo d’elevazione…
Un’Arte per la vita; non la bellezza fine a se stessa, ma la forza di una realtà trasfigurata sembra essere  il credo di questo affermato artista riminese che sa amalgamare natura ed umanità in figurazioni affatto singolari nelle quali l’intensa luminosità gioca un ruolo da protagonista mentre il chiarismo delle masse sembra preludere ad una sorta di dissolvimento della forma in un anelito di ascesi. Ricordando che la luce paradigma della divinità, è composta dalla totalità dei colori, dei quali l’artista estrapola le proprie tonalità in funzione di una simbologia stringata e pregnante, osserviamo in basso gli azzurri, le ocra, in mezzo i rosa e i verdi e in alto l’abbacinante luminosità; quasi una scala al paradiso! Parafrasando l’Alighieri si potrebbe dire del Bellini: “Fede mi mosse e mi fa agire”, in una –missione -artistica…Indubbiamente opere artistiche di grande suggestione e di notevole valenza.
Giorgio Tellan, 1999
Pittore-poeta dal dolce e morbido tratto

Un disegno quieto, dolce, morbido, colori tenui e soavi in cui prevalgono  i rosa, i verdi pastellati ed incredibili azzurri oltremondani testimoniano della vitalità di questo artista che ha trovato nella luce il suo mezzo più espressivo, sia nella elaborazione di temi sacri, sia nella realizzazione di paesaggi e di nature morte (…) in cui la luce stessa diventa simbolo salvifico di redenzione.
È appunto la luce il linguaggio  più vivo e più umano di questo artista che vibra di religiosità e pietà, che sente la serenità e la gioia della pace e la trasmette come messaggio di trasfigurazione della realtà. (…)
Amedeo Montemaggi, 1990
Il profumo del colore

(…) Ho particolarmente notato l’opera di Giorgio Bellini espositore a Mairie annexe du IV arrondissement, 2, place
Baudoyer, Paris: l’opera di Giorgio Bellini è del tutto notevole ed interessante, sensibile e sublime.
Il colore sembra veramente “profumato”. Nei paesaggi romagnoli i colori sono impiegati con molta destrezza, tale giudizio è valido anche per l’effetto della luce che contribuisce alla costruzione di una realtà filtrata attraverso l’amore…Tale opera è sincera, e da questo si riconoscono le qualità migliori di un artista (…)
Alain Saverot, 1979
Messaggi di speranza nelle opere di Bellini

Lo scorso autunno, visitando l’ultima mostra di Giorgio Bellini allestita nella Galleria Leonardi, rimasi vivamente colpito ed ammirato dei sorprendenti progressi – veri passi da gigante – conseguiti dal giovane pittore nell’arduo cammino dell’arte, ch’io ebbi, ancora ragazzo, sotto la modesta mia guida, da sentirmi trascinato ad apporre sull’apposito registro un «Bravo», uscitomi spontaneo dal cuore: parola, codesta, che, tolta al consueto consumo che di essa abitualmente se ne fa anche per cose di poco conto, riassume e condensa in sé un giudizio personale di pura e semplice verità di cui, sul momento, mi sentii invaso e pervaso (…)
(…) Con la onestà e pulita sua pittura, alimentata dalla sana tradizione e dalla ricerca, non bislacca, del nuovo, Giorgio Bellini affronta i problemi figurativi più attuali e complessi, di carattere sociale e psicologico, sul genere, per esemplificare, della rappresentazione degli emarginati, dei frustrati, dei disoccupati…
Le ultime composizioni costituiscono la piena e feconda maturità, sia di mestiere come di pensiero, adeguando alle forme i contenuti, manifestando  i propri sentimenti di artista e di uomo bennato (…)
Luigi Pasquini, 1977
Visioni e sentimenti

Nei lavori del romagnolo Giorgio Bellini c’è un coinvolgimento totale di visioni e sentimenti i quali ricamano pagine di intima naturalezza…Il successo che le opere hanno conseguito e conseguono sta a dimostrare come Giorgio Bellini sia artista di indiscusso livello qualitativo in un’epoca in cui i valori dell’Arte diventano sempre più rari, sempre più peregrini, sempre più irreperibili (…)
Giuseppe Nasillo, 1976
Bibliografia Essenziale

Arte Italiana per il Mondo, Celit; Bolaffi, Bolaffi Arte, Guida Romagna; Vademecum dell’Arte Italiana, Il Pilastro, Firenze; Il Quadrato: Encicloìedia del Novecento; Arte Guida “Lo Faro” Roma; Antologia della Pittura d’Oggi, Panepinto; Personaggi Contemporanei,  Emilia Romagna; Gli Anni 60 e 70 dell’Arte Italiana, Esa; Guida all’Arte Italiana, Bugatti; Linea Figurativa/Dizionario Nazionale degliArtisti Italiani; Annali Storici “Arte e Lettere”, Rino Pompei; Agnesotti; Dizionario Comanducci; Arte Sacra Roma, Archivi della Serigrafia Italiana, Bugatti, Ancona; Profili di Pittori, Scultori e Poeti Contemporanei, Ed.Hede, Ferrara; Archivio Storico degli Artisti Contemporanei, ED. Teleuropa, Roma; Pittori e Pittura Contemporanea Ed. Il Quadrato, Milano; Annuario Comanducci 3,4,5,6,7, Milano; l’Arte Contemporanea in Emilia Romagna Ed. Due Torri, Bologna; Il Libro d’Oro dell’Arte Contemporanea, Ed. Omega Arte, Rimini; Un Anno d’Arte, Ed. Fabbri Editore, Milano; l’Elite, Selezione Arte Italiana, Varese 94; Dossier Arte-monografia Bugatti, Ancona; Maestri del XX Secolo, Ed. Seledizioni Tralli, Bologna; Catalogo Int. Degli Artisti Selezionati Tralli, Seledizioni, Bologna; Artisti Contemp. Scuola di Giorna- lismo e Pubbliche Relazioni, Torino; Enciclopedia dell’Arte Italiana “Raffaello”, Novara; Arte Guida “Lo Faro”, Roma. Articoli e notizie sono stati pubblicati su quotidiani italiani e stranieri; la RAI e TV private come Telerimini, Tele San Marino, ITV, Tele Urbino, si sono interessate alla produzione artistica Belliniana in servizi regionali e Nazionali. Riviste d’Arte e quotidiani: Agenda Lo Faro, Arte Rama, Il Pungolo Verde, Nuovo Frontespizio, Album, Percorsi d’Oggi, Teleuropa,  Il Torchio, Praxis,  Il resto del Carlino, La Gazzetta di Rimini, Ape del Conca, Il Ponte, La Voce di Ferrara, La Gazzetta d Ferrara, Il Corriere di Roma, Il Correre di Rimini, l’Osservatore Romano, Delta NotizieNews, Artisti alla Ribalta, La Piazza di Ferrara, l’Avvenire, La Voce di Rimini, inValmarecchia, ecc.

Note biografiche

Giorgio Bellini, pittore e scultore, è nato a Vergiano (Rn) nel 1937. È dal 2004 Cavaliere Ufficiale Commendatore della Repubblica Italiana, membro di numerose accademie ed istituzioni culturali italiane e straniere. Gli è stata conferita l’onorificenza nel 2008 di Maestro Accademico dalla Pontificia Accademia di Roma-Istituto di Cultura Universitaria e di Studi Superiori; nel 1984 ha ricevuto il Premio per la Cultura Prometeo Aureo dal Ministro della Pubblica Istruzione sen. Valitutti.
Sue opere sono conservate nell’Archivio della Biennale di Venezia, in Biblioteche Nazionali, in Musei d’arte (Roma, Città del Vaticano, Repubblica di S.Marino, Archivio Arti Visive della Provincia di Ancona, Museo Civico Salvi di Sassoferrato, Biblioteca di Ancona, Biblioteca nazionale di Bucarest) oltre che in numerose raccolte e collezioni private. Nel 1969 ha tenuto la prima mostra personale presentata dal pittore e giornalista Luigi Pasquini (Rimini, Galleria del Vicolo Gomma). Numerosissime le sue esposizioni, anche in collettive, in Italia e all’estero.
Annovera tra gli interventi critici, a partire dagli anni ’60, i contributi del suo caro indimenticabile maestro Luigo Pasquini, Aureliano Casali, Antonio Caggiano, Franco Tralli, Paolo Zauli, Luciano Bertacchini, Rino Boccaccini, Rosanna Ricci, Alain Saverot, Franco Ruinetti, Edgardo Perini, Marcello Zanni, Amedeo Montemaggi, Giorgio Tellan, cui si sono aggiunti negli anni recenti i nomi di Rita Giannini, Ivo Gigli, Enzo Dall’Ara, Salvatore Arca, Gabriello Milantoni, Bianca Arcangeli, Manlio Masini, Manuela Ricci, Annamaria Bernucci, Luca Cesari, Gerardo Filiberto Dasi, Alessandro Giovanardi, Stefano Pivato, Gianni Conti, Corrado Marsan, Antonio Paolucci, Vittorio Sgarbi e Cristina Barducci. L’insieme dei testi costituisce una corposa antologia critica che è a corredo dei suoi numerosi cataloghi.
Il suo nome figura in numerosi repertori e dizionari dell’arte del ‘900 italiano.

Giorgio Bellini, pittore e scultore, “Maestro Accademico”.
Cavaliere Ufficiale Commendatore  dell’Ordine della Repubblica Italiana, è nato a Vergiano (RN) nel 1937. Diplomato presso l’Istituto d’Arte Accademia di Roma.
È membro di numerose accademie e istituzioni culturali, italiane e straniere. Abitazione e Studio: Via Marecchiese  688, Corpolò di Rimini.
Tel. 0541 750540 – cell. 333 7164958
Sito: www.giorgiobellini.it
E-mail: info@giorgiobellini.it – giorgiobellini37@gmail.com – bellini-giorgio@alice.it

Riconoscimenti

1978 –  Palazzo Venezia – Premio Parlamento Europeo;
1979 –  Palazzo del Campidoglio – Roma – Campidoglio d’Oro per l’Arte;
1979 – Palazzo Pignatelli – Anno Internazionale del Bambino – appello lanciato dall’ONU – il 1979 dedicato all’infanzia
Premio Cultura SPES;
1981 –  Città del Vaticano – Udienza Speciale concessa dal Sommo Pontefice ai partecipanti al Convegno Nazionale
Italiano di Arte Sacra – Premio di Cultura FIDES;
1983 –  Premio della Cultura la Quercia d’Oro – Bologna;
1983 –  Salone dei Congressi AUGUSTINIANUM – Roma – lauro d’Oro per l’Arte;
1984 – Palazzo Valentini – Roma – Premio per Cultura PROMETEO AUREO dato dal Ministro della Pubblica Istruzione
Sen. Prof. Valitutti
Allocuzione pronunciata all’assegnazione “Pittore,  artista di eletto lirismo, sociologo,  filosofo  e poeta del colore e dell’estetico,  tesse nelle sue opere anche là dove sono evidenti le frustrazioni  sociali, una luce di speranza in messaggi d’amore. La sua opera pittorica,  varcando i confini nazionali contribuisce validamente a rivalutare l’Arte italiana nel mondo”;
1984 –  Città del Vaticano – Giubileo Straordinario Attestato Anno Santodella Redenzione – dato a Roma in Campidoglio, dopo l’udienza concessa al Santo Padre Giovanni Paolo II;
1987 –  Chiamato ad eseguire  il ritratto del Beato di Romagna “Pio Campidelli” inaugurato dal Vescovo Mons. Giovanni Locatelli – Parrocchia di Santo Marino – Poggio Berni – Rimini;
2008 –  Il Presidente della Pontificia Accademia di Roma – Istituto di Cultura Universitaria e di Studi Superiori – Mons.
Prof. Dr. Fernando Mariotti, conferisce l’Onoreficenza di “Maestro Accademico” in omaggio al suo talento
Artistico ed alla sua Persona.

Esposizioni recenti
1999 –  Ponteficia Acc. Tiberina, Sala Euclide – Roma
2000 –  Ottocento Festival, Torre Civica – Saludecio – Enzo Dall’Ara
2000 –  Città del Vaticano – Anno Santo – Bellini Artista invitato per il Giubileo  degli artisti
2001 –  Palagio di Parte Guelfa – Sala del Caminetto – Firenze – Enzo Dall’Ara
2001 –  Palazzo Ripa – Comune di Rimini – Gabriello Milantoni, Luca Cesari
2002 –  Palazzo Mediceo – San Leo – Luca Cesari
2002 –  Galleria San Sebastiano – San Mauro Pascoli – Luca Cesari
2003 –  Loggetta Lippi – Bagno di Romagna – Luca Cesari
2004 –  Palazzo Ripa – Rimini – Gerardo Filiberto Dasi, Luca Cesari
2005 –  Complesso Monumentale dell’Ammannati, S. Spirito – Firenze – Antonio Paolucci
2006 –  Complesso Magazzini del Sale – Cervia – Vittorio Sgarbi
2007 –  Sala monte di Pietà – Santarcangelo di Romagna – Alessandro Giovanardi
2009 –  Palazzo del Podestà – Rimini – “La visione velata” 50 anni di paesaggi – Alessandro Giovanardi, Stefano Pivato
2011 –  Rocca Malatestiana – Montefiore Conca – Gerardo Filiberto Dasi
2011 –  Palazzo Medici Riccardi – Firenze – Corrado Marsan
2012 –  Galleria Comunale Santa Croce – Cattolica – Annamaria Bernucci
2013 –  Galleria Comunale “Palazzo del Ridotto” – Cesena – Enzo Dall’Ara

La Prima esposizione del Maestro Bellini avvenne nel 1969 a Rimini, Galleria Vicolo Gomma, curata dal suo Maestro
Luigi Pasquini.

Velati paesaggi d’estasi, dal 31 agosto al 22 settembre a Cesena

GIORGIO BELLINI

VELATI PAESAGGI D’ESTASI

Il rapimento estatico è sentimento oceanico

d’estensione senza limiti e di unità con l’universo”

(Roman Rolland)

Siamo esseri immersi nel paesaggio dell’anima, entità di un cosmo universale che piange alla stoltezza umana e gioisce all’ascesa spirituale. Dobbiamo credere a un infinito eterno che ci accoglie nella trascendenza vivifica del pensiero o nel gaudio sublime di una natura edenica. La natura appunto, nostra madre suprema e nostra oasi d’approdo, ci unifica nell’andare comune sui sentieri della speranza e sui solchi del vissuto. I ricordi alimentano l’essenza del presente, e l’oggi si confonde col passato, nel divenire dello sguardo orientato alle oniriche visioni del sentire.

Giorgio Bellini, artista acclarato dalla sua consolidata storia creativa, si nutre di beatitudine derivante dalla verità purovisibilista, pervasa d’estasi e di tensione introspettiva, allorché egli varca il confine tra soggettività espressiva e oggettività idealizzata. Le emergenze paesaggistiche della sua terra natia, la Valmarecchia, o quelle della limitrofa Valconca, inducono un’adesione all’Assoluto e una conoscenza tanto interiorizzata dei dati osservati, da attribuire significato e significante all’esistenziale azione pittorica.

Nasce, così, un’assorta proiezione al divino, poiché l’animo umano, quando è isola racchiusa in se stessa, si porge, secondo le parole del grande scrittore Julien Green, “come un abisso che attira Dio, e Dio vi si getta”. L’elevazione teofanica alligna, dunque, nella capacità d’innalzare la riflessione oltre le contingenze terrene e, con eminente specificità, nell’attitudine ad immergersi nelle atmosfere naturalistiche di paesaggi fisici e nelle sonorità ravvivanti di scenari antropici. Giorgio Bellini dipinge la “sua Valmarecchia e la “sua” Valconca, che, dalla realtà morfologica, incisa nel cuore dell’artista, si ergono all’apice della rivelazione, ossia all’apogeo di un mondo memorante una trascorsa età aurea. Le immagini, tradotte in pittura, assumono, quindi, connotati di sogno, permeati di un sentire levitante d’emozione e d’intima suggestione. La velata figurazione s’intride di colori chiari, di toni luminosi, di segni leggeri, in ottemperanza ad un “chiarismo” che non abbisogna di netti transiti chiaroscurali o di sottese idealità astratte.

Dalle opere si colgono, piuttosto, accenti d’ispirazione impressionista, sottilmente poetici e trasmutanti in lirica malinconica. Si evince, inoltre, un’unione armonica di forma e ordine strutturale, suggellata da pathos creativo e da ethos costruttivo. Paesaggi naturali, con valli, picchi, borghi, dischiusi alle “mani” del divenire geologico e dello scorrere storico, appaiono come manifestazioni in bilico fra l’apparire e lo scomparire, come annunci percettibili di presenze sussurrate dal lieve tocco dell’arte.

Il tempo sembra sospeso sulle ali della rimembranza, lo spazio si porge con luminescenze in consecutiva espansione, l’azione diventa rovello concreto del sogno. Allora la materia pittorica abbandona consistenza per levità spirituale, e le possibili tenebre della vita si stemprano nella luce del rapimento estatico. Giorgio Bellini infonde fremiti di sacralità in ogni transito cromatico, innalzando una melodia soffusa ad un microcosmo che, intanto, si espande in macrodimensioni meditative.

Sorretto da sapiente tecnica operativa, perfezionata in annoso impegno creativo, l’artista fonda radici nella somma tradizione contemporanea riminese, a cui ha affidato, in passato, l’empito costante del desiderio espressivo. Eppure, nel tempo, il suo linguaggio pittorico si è andato affermando in una continua ricerca segnica e cromatica, che ha avvalorato ed avvalora una personalità vibrante di sintesi compositiva e di estrema essenzialità tonale. Sgorga, pertanto, una poesia del cuore, che costruisce, con immutato sentimento, un diario intimistico, ove ogni parola è sostituita da un’orma di luce.

La pittura di Giorgio bellini è confessione e testamento, è lode ed inno accordati ad un creato che suggerisce l’aura luminosa dell’Alto. Ma essa è anche ricordo, memoria, attestazione volontaria di una realtà che esiste e permane soltanto, o soprattutto, nel volo del sogno, poiché i tempi a noi contemporanei non riservano spesso il dono del rispetto a uomini e “cose”, e, quindi, a natura e architettura. Ecco, dunque, come i dipinti di Giorgio Bellini vadano letti ed ascoltati nel segno ammonitore di una riflessione costruttiva d’esistenza. E vadano inoltre osservati nell’approdo luminescente e veritiero del benevolo anelito.

Enzo Dall’Ara

storico e critico d’arte  

 

Alla Galleria Comunale “Palazzo del Ridotto” di Cesena, Giorgio Bellini espone “Velati paesaggi d’estasi”, dal 31 agosto al 22 settembre. Inaugurazione, sabato 31 agosto alle ore 18.30. Testo in Catalogo di Enzo Dall’Ara.

Gli incanti del paesaggio

GLI  INCANTI DEL PAESAGGIO

Luoghi come la Valmarecchia e la Valconca hanno il dono di accendere visioni segrete. Un potenziale mai sopito, denso di umori e di forze segrete capaci di non dar tregua allo sguardo. E’ la loro identità dai caratteri compositi a emergere. Qui, in queste terre, l’ intreccio di valori culturali e ambientali, fatti di vibrazioni di vita passata, ha plasmato paesaggi e architetture, ha seminato tracce e cementato insieme storia e natura. Giorgio Bellini, osservatore e pittore della visione, negli anni, ha saputo cogliere dalla sua speciale ‘specola’ nella valle del Marecchia, «dove vive, molti di questi segni identitari e di affezione propri di questi luoghi: la serpentina argentea dei fiumi a fondovalle, l’ondulazione delle colline, le creste improvvise, punteggiate da paesi assorti e  da rocche dall’antica possanza, guardiani antichi di queste terre di confine.

Nella pittura «di Giorgio Bellini non è l’identificazione dei luoghi ma la loro diversa indeterminatezza che li fa diventare nuovi allo sguardo. Una tavolozza votata al chiarismo più avvolgente è entrata ormai da diversi anni nella sua prassi pittorica, col bianco che tutto domina e che ricopre con un silenzio tonale di sottile intensità ogni cosa rappresentata. Brani di paesi, sentieri sospesi, grovigli di vegetazione o di tetti che sfumano in trasalimenti improvvisi e che sciolgono il dato naturalistico in essenza, in profumo di terra o di mare lontano. Ostinatamente distante da ogni forma di contaminazione con ‘visioni’ contemporanee, Giorgio Bellini, artista cresciuto tra i poderi di Vergiano sotto l’ammaestramento del più sensibile tra i pittori di paesaggio romagnoli, Luigi Pasquini, già debitore delle rarefatte atmosfere campestri di Edoardo Pazzini, in questa sua ultima stagione pittorica ha ritrovato quella religione della terra che da sempre è stata fulcro del suo realismo devoto e gentile; ne ha tramuto l’ essenza restituendola con aurorale meraviglia, forse raggiungendo un gradino più profondo di verità, con slancio di passione che diviene nostalgia e ricordo. Quella stessa nostalgia che appartiene ad una tradizione pittorica che trova nelle liquide impressioni di Pasquini, il maestro mai dimenticato, nelle dense vedute di Emo Curugnani. nello stupefatto aderire all’anima delle cose dei pastelli di Emilio Filippini, negli appunti di paesaggio di Guido Ricciotti, una solidale aderenza alla vita. Che per Giorgio Bellini si tramuta in canto soffuso, in un occultamento del  dato reale fatto di luce segreta. E ciò può accadere quando la poesia si fa spontanea e intuitiva. Quando si fa scoperta e mette in comunicazione il mistero celato nei luoghi e nelle cose in un mistico contatto con la loro anima. E il paesaggio si smarrisce in caligini dove il bianco tutto assorbe e sfuma. La sua pittura ottunde i colori come si ottundono i suoni. Tutto si perde e tutto si ritrova, ma più in profondità. Come se il velo più coprente svelasse le verità più nascoste.

Annamaria Bernucci